I cookie ci aiutano ad erogare servizi di qualità. Utilizzando i nostri servizi, l'utente accetta le nostre modalità d'uso dei cookie.

ENGIM NAZIONALE - ENGIM INTERNAZIONALE

Murialdo Home

ENTE NAZIONALE GIUSEPPINI DEL MURIALDO

“Murialdo Home” Una casa famiglia per i bambini della Sierra LeoneProgetto di reinserimento sociale a favore di minori in situazione di abbandono Kissy Periferia di Freetown SIERRA LEONE Avere una famiglia che si prenda cura dei membri che la compongono, soprattutto se minori, è un diritto sancito da tutte le convenzioni internazionali. Invece, per molti bambini, questa famiglia non esiste o, dove esiste, spesso non è adeguata a prendersi cura dei propri figli.

Questo progetto intende offrire ai bambini e adolescenti sierraleonesi, che vivono in situazioni di grave rischio e disagio, delle reali opportunità d’uscita dalla povertà, attraverso interventi capaci di promuovere un’esperienza educativa integrale per lo sviluppo della propria dignità e professionalità, e aiutarli ad ottenere un ruolo partecipativo nella società in cui vivono

ENGIM - Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo

0166 Roma Via Belvedere Montello, 77 – Tel. 06/62.43.400 Fax. 06/233.225.987 e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Sito WEB: www.engiminternazionale.org Progetto: “MURIALDO HOME”, Progetto di reinserimento sociale a favore di minori in situazione di abbandono Valore del progetto: 85.000,00 EURO v Fondi raccolti: € 65.0000v Fondi mancanti: € 20.000 Localizzazione del progetto v Nazione: Sierra Leone v Città: Kissy Low Cost - Freetown La Sierra Leone emerge da una guerra civile protrattasi per oltre 10 anni, il cui impatto sulle condizioni di vita della popolazione è risultato devastante.
Oggi è il primo paese al mondo per mortalità infantile sotto i 5 anni, con 283 decessi su 1.000 prima del quinto anno di vita, e per mortalità materna, con 1.800 gestanti che, ogni 100.000 parti, muoiono per complicazioni insorte durante la gravidanza. La zona interessata dal progetto si trova alla periferia di Freetown, la capitale della Sierra Leone, una delle aree più povere e degradate della città. Dopo la guerra, nei sobborghi di Freetown, è sorto un quartiere chiamato Kissy Low Cost, “case a basso costo”, un quartiere cioè di case popolari, dove si sono concentrate le famiglie più povere che devono accontentarsi di soluzioni provvisorie e condizioni di vita al di sotto di standard accettabili. Obiettivi generali Avere una famiglia che si prenda cura dei membri che la compongono, soprattutto se minori, è un diritto sancito da tutte le convenzioni internazionali. Invece per molti bambini, questa famiglia non esiste o dove esiste spesso non è adeguata a prendersi cura dei propri figli.Questo progetto intende offrire ai bambini e adolescenti sierraleonesi, che vivono in situazioni di grave rischio e disagio, delle reali opportunità di uscita dalla povertà, attraverso interventi capaci di promuovere un’esperienza educativa integrale per lo sviluppo della propria dignità e professionalità, e aiutarli ad ottenere un ruolo partecipativo nella società in cui vivono. Obiettivo specific

Realizzare una nuova casa famiglia per accogliere nuovi ospiti e riorganizzare la rete di servizi in modo più organico e funzionale.

Beneficiari dell’intervento I beneficiari del progetto sono i bambini e le bambine che vivono in gravi situazioni di abbandono per le difficoltà economiche in cui vivono le loro famiglie o per le loro condizioni di disabilità fisica che impediscono la conduzione di una vita “normale”. I bambini che si rivolgono alla “Murialdo Home” non hanno mai frequentato la scuola ed alcuni di loro provengono da villaggi molto isolati o dalle aree di estremo degrado dove vivono molti dei profughi della guerra che hanno trasformato i rifugi provvisori in abitazioni permanenti. Molti di loro hanno subito un’amputazione da parte dei ribelli durante la guerra. Sintesi progetto

Il progetto si propone di costruire con l’organizzazione di una casa famiglia un ambiente sicuro per bambini e bambine in situazione di disagio.Pensata nel difficile momento della sanguinaria guerra che ha lasciato dietro di sé morte, sofferenza, solitudine e difficoltà soprattutto per bambini e adolescenti, “MURIALDO HOME” è diventata segno di speranza e di vita per alcuni di loro che insieme cercano di ritrovare la gioia di vivere e un progetto per il futuro. Attualmente sono quattro le case famiglia: la prima fu inaugurata l'8 dicembre 2001, la seconda il 18 maggio 2003, mentre la terza e la quarta sono state aperte due anni fa per ospitare i ragazzi e le ragazze che frequentano le scuole a Lunsar, nell’entroterra della Sierra Leone, dove possono dedicarsi agli studi in un contesto che li aiuta a crescere. I giovani poveri ed abbandonati attualmente accolti in queste case famiglie sono ben 40. Murialdo Home è affidata alla cura della Comunità Religiosa dei Padri Giuseppini del Murialdo in collaborazione con l’ENGIM internazionale ong e la Missionaries’ Friends Association, associazioni senza scopo di lucro nate con lo scopo di prendersi cura di bambini poveri, amputati, orfani e abbandonati.
I ragazzi hanno bisogno di un ambiente sicuro, accogliente, che permetta a loro di sviluppare le capacità proprie della loro età. Ciascuna delle Murialdo’s Home ha una “mamma” che si prende cura dei bambini. Nelle attuali 4 case famiglie, molti bambini hanno subito un’amputazione da parte dei ribelli durante la guerra, due bambine sono cieche, 7 bambini sono rimasti orfani. I bambini frequentano oggi la scuola regolarmente e sono seguiti nella loro formazione integrale. La struttura attuale non è più in grado di assicurare ai suoi ospiti le condizioni necessarie per favorire la loro crescita. La necessità di garantire l’ambiente più idoneo ai ragazzi e alle ragazze che stanno diventando degli adulti e l’arrivo di nuovi bambini bisognosi rendono ora necessario l’ampliamento della struttura e la realizzazione di una nuova casa famiglia. Risorse strutturali Per realizzare il progetto è necessaria una casa in muratura con diversi spazi individuali ed alcuni collettivi. Per ogni ospite deve essere previsto un posto letto in una stanza spaziosa, areata e dove possa tenere le proprie cose come fosse casa propria.Inoltre occorrono gli spazi destinati alla cucina e alle attività per il tempo libero. Risorse umane Ad assicurare il funzionamento di tutto il progetto ci saranno gli operatori sia maschi che femmine e sia sierraleonesi che italiani per arricchire il carattere interculturale della proposta e per dare la possibilità ai ragazzi accolti di confrontarsi con modelli maschili e femminili e con adulti appartenenti a culture differenti.
Al personale destinato alla gestione della casa, saranno affiancati volontari e tirocinanti anche italiani in base ad un programma di collaborazione e servizio organizzato da Engim internazionale.

Approfondimenti profilo della Sierra Leone

La Sierra Leone emerge da una guerra civile protrattasi per oltre 10 anni, il cui impatto sulle condizioni di vita della popolazione è risultato devastante.Oggi è il primo paese al mondo per mortalità infantile sotto i 5 anni, con 283 decessi su 1.000 prima del quinto anno di vita, e per mortalità materna, con 1.800 gestanti che, ogni 100.000 parti, muoiono per complicazioni insorte durante la gravidanza.Con una superficie di appena 73.326 km quadrati, la Sierra Leone deve il suo nome ai portoghesi, primi europei a sbarcarvi nel 1462, per le impervie montagne che circondano la capitale, Freetown, chiamarono la regione Serra Lyoa, la montagna del leone.Dal 1600 l'influenza dei commercianti inglesi divenne predominante: con l'abolizione della schiavitù, l'Inghilterra avviò una politica volta a favorire il ritorno in Africa degli ex schiavi, sbarcando in Sierra Leone gli africani liberati dalle navi negriere intercettate al largo del Golfo di Guinea.Ma furono i primi gruppi di schiavi liberati, provenienti dall'Europa e dall'America, a fondare la capitale nel 1787, che chiamarono Freetown, la città libera.Dopo la dominazione coloniale inglese (1808-1961) e un periodo di relativa prosperità negli anni '50 legato alle attività minerarie, la Sierra Leone ha conosciuto un progressivo declino economico, per il fiorire di un mercato clandestino dei diamanti, ma anche per le politiche d'aggiustamento strutturale imposte negli anni '80 dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), quando il taglio della spesa pubblica gravò inevitabilmente sui ceti più poveri della popolazione, ossia la gran parte.La già grave situazione socio-economica del paese si è ulteriormente aggravata con la guerra civile che ha avuto luogo dal 1991 al 2002, quando la guerra in corso in Liberia sconfinò nel paese innescando tensioni interne latenti e gli interessi economici legati alle compagnie di diamanti.Infatti la Sierra Leone dispone d'enormi risorse: giacimenti di diamanti, d'oro, di bauxite e di rutilio; ha un territorio che permetterebbe colture diversificate (caffè e cacao nel sud, tabacco e arachidi al nord) e un mare molto pescoso, oltre ai vantaggi del porto naturale di Freetown, protetto dalla penisola su cui sorge la capitale.Eppure la maggior parte della popolazione vive nell’estrema povertà.Ancora oggi la guerra in Sierra Leone rimane impressa nell'immaginario collettivo per le gravissime atrocità commesse contro i civili, le vere vittime del conflitto.Donne e bambini sono stati oggetto di orribili violenze e abusi, migliaia di giovanissimi tra i 4 e i 16 anni sono stati arruolati come bambini-soldato (nel 2000 il 30% dei combattenti aveva meno di 15 anni), marchiati a fuoco con le sigle dei gruppi ribelli, drogati e costretti a uccidere, mutilare e commettere abusi sessuali.Il 90% delle bambine rapite dai ribelli sono state violentate, molte di esse sono poi state uccise o ridotte in schiavitù.Oggi, nonostante i progressi in termini di stabilità della politica interna e d'assistenza umanitaria alla popolazione, le condizioni di vita restano molto gravi e la popolazione della Sierra Leone non ha accesso ai servizi di base.Il conflitto ha intaccato gravemente la capacità delle famiglie di soddisfare i bisogni primari, quali un'alimentazione adeguata, l'accesso all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari.Le donne e i bambini sono le vittime principali della povertà in cui versa il paese, come tragicamente dimostrano i tassi di mortalità, tra i più alti al mondo, nonostante la riduzione della mortalità infantile negli ultimi anni che, dal 2001 è passata da 316 bambini morti ogni 1.000 nati vivi al dato attuale di 283 decessi prima del 5° anno di vita. Alcune storie vere

FATMATA KANU

L’ho incontrata nel 1997 nel campo profughi di Waterloo. Aveva 12 anni. A undici anni i ribelli le avevano tagliato il braccio sinistro con una incredibile crudeltà e le avevano ucciso il padre nel piccolo villaggio di Monalò, distante dalla strada principale.

Era ancora traumatizzata e continuamente nascondeva con un asciugamano il piccolo moncherino che le restava. Triste, taciturna, solitaria…

Il primo sorriso quando l’ho iscritta a scuola. Cominciava a vedere un futuro pieno di speranza anche per se stessa. Vive ora nella Murialdo home perché lo stare nel suo villaggio le impedirebbe di frequentare la scuola superiore Richard Allen. E’ felice, non nasconde più il moncherino e sta progettando la sua vita.

ISATU KAMARA

E’ una vittima innocente dell’invasione del 6 gennaio ’99. Momento terribilmente cruento che difficilmente si cancellerà dalla memoria di quanti lo hanno vissuto. Ho saputo di lei e del suo dolore e sono andato a trovarla nella povera baracca in collina dove viveva con la madre, una sorella e un fratellino. L’ho vista senza mano sinistra, mi ha raccontato del padre ucciso di fronte a lei e della tragedia della sua amputazione. Aveva 12 anni. Da allora ho cominciato a seguirla; siamo diventati molto amici e spesso si ferma nel mio ufficio o mi accompagna in città. Anche per lei la scuola è diventata un fattore importantissimo per il recupero di un futuro diverso dall’elemosina o dalla dipendenza.

E’ in quinta elementare nella scuola Peter The Rock e sogna di diventare professoressa….

Vive con noi, per avere una maggior sicurezza e serenità. La madre è senza lavoro e vive cercando di vendere qualcosa.

KAMARA SORIE

Anche Sorie l’ho incontrato a Waterloo camp dove viveva con il fratello più grande Foday. Ciò che mi colpì allora è stato il fatto che tutte e due i fratelli erano stati amputati dai ribelli nel Marzo del 1998 durante l’attacco al Kono, la regione dei diamanti, dopo che i loro genitori erano stati massacrati.

Foday era già grande, mentre Sorie aveva 11 anni quando l’ho incontrato, ora ne ha 14. Un ragazzino vivace, pieno di voglia di vivere.

Dopo l’invasione del ’99 i due fratelli si sono trasferiti al campo profughi di Murray Town, ambiente povero di tutto, meno che di bambini, dove la vita è difficile, dura e ingrata.

Vive in un buth di plastica, dorme per terra, su qualche cartone, non un tavolo, non una sedia. E così è per tutti. E’ in sesta elementare e quest’anno deve affrontare l’esame di ammissione alle superiori. E’ un bambino scolasticamente promettente e abbiamo deciso di inserirlo in una scuola migliore di quella povera del campo profughi e per tale motivo ha lasciato il campo e vive ora nella Murialdo Home.

KAMARA BOJAH

Un frammento di bomba gli stacca di netto la mano sinistra, uccide la sorella Fatmata, e ne mutila un'altra, Mamjuma. Tutto ciò nel febbraio del ’99. Viene da una famiglia numerosa, 10 figli, e poverissima. Mamma e papà senza lavoro. E’ il papà che si presenta a me raccomandandomi Bojah.

Ricordo l’espressione smarrita di quel bambino che tende in avanti il moncherino fasciato per richiamare l’attenzione sulla sua menomazione fisica. Incapace di sorridere e di rispondere, è il papà che parla per lui e chiede istruzione per un futuro più certo. Anche loro ora vivono nella miseria di Murray Town Camp e si affidano alla carità di qualche ente di beneficenza.

Bojah è in quinta elementare, ha lasciato anche lui il campo per poter accedere ad un’educazione più sicura nella Weslayan School.

KARGBO CHRISTIANA AMINATA

Anche questa bambina scappa dal Kono assieme ai genitori nel 1998. Trovano rifugio in un villaggio nel distretto di Porto Loko e si rifanno la vita. Ma nel 2000 i ribelli attaccano anche quel villaggio. E’ notte e durante la terribile incursione tutti scappano dove possono e si disperdono in cerca di salvezza, molti muoiono. La bambina rimane sola, smarrita e piange. Rosemarie, una segretaria della nostra missione di Lunsar, la incontra il 10 maggio 2000 e decide di portarla con sé a Freetown e di chiedere per lei aiuto alla Missionaries’ friends Association.

La bambina è traumatizzata, non parla e si attacca a Rosemarie come a una mamma in cui ritrovare la sicurezza persa. Comincia a frequentare il nostro ambiente, a conoscere amici della sua età, riprende coraggio e fiducia. Ha ritrovato il sorriso e la voglia di giocare.

Frequenta con buoni risultati la quarta elementare nella scuola Holy Cross.

Malgrado ricerche fatte, finora nulla sappiamo della sua famiglia.

VAMBOI THOMAS

Il campo profughi di Clay Factory è giusto a 50 metri da casa nostra. E’ il primo campo profughi che ho visto in vita mia ed è diventato meta di pellegrinaggio continuo perché proprio lì vivevano i primi ragazzini che abbiamo cominciato ad assistere. Povero come tutti i campi profughi, con ‘case’ di fango e plastica, mancanza di igiene e di attenzione sanitaria e migliaia di bambini che scorrazzano da per tutto.

Uno di loro è Thomas, orfano. La madre è uccisa dai ribelli nel 1992, all’inizio della guerra, e il padre muore nel 1995. Quando lo incontro ha 10 anni, ora ne ha 15 e frequenta la prima superiore. Una sorella della mamma si prende cura di lui. E’ Emma e diventerà la ‘mamma’ della Murialdo home.

Vivono dentro un grande capannone diviso in piccoli scomparti da stracci e cartoni; 5 mq di miseria per famiglia.

KOROMA MAMUSU

Nella tristezza del suo sguardo si possono ancora leggere i segni della violenza subita, ancora si sveglia sotto l’incubo di quel giorno, a volte ancora le sembra di avere il braccio e la mano destra che con indicibile crudeltà a lei e sei altre sue compagne è stato tagliato con un colpo di machete. Per tre giorni erano state ‘usate’ come schiave sessuali ed erano bambine. Era il 21 maggio del 2000 e aveva 12 anni. L’ho incontrata a Murray Town camp, l’inferno degli amputati, assieme all’amica Mabinty. Una famiglia poverissima, 12 figli, lei non aveva mai frequentato la scuola. Ora ha 14 anni e frequenta la seconda elementare. Deve recuperare il tempo perduto e forse anche un po’ di voglia di vivere e di fiducia in sé e negli altri. E’ estremamente dolce, buona, parla poco, non conosce l’inglese; la vogliamo spronare a pensare al suo futuro con fiducia e dignità.

KANU MABINTY

E’ l’amica di Mamusu, come lei amputata e usata come schiava sessuale dai ribelli. Altro villaggio, altra data (18 dicembre 1999), stessa storia, con in più l’uccisione spietata dei genitori.

E’ nata nel 1985, non è mai andata a scuola ed è ora difficile pensare per lei un futuro scolastico.

Frequenta il corso base al Murialdo Vocational Institute, tanto perché non rimanga totalmente digiuna del minimo indispensabile (leggere, scrivere, fare i conti) e stiamo ancora progettando il suo futuro.

Una sorella della mamma si è interessata a lei, ora sta preparandosi a tornare al villaggio ma al villaggio Mabinty non avrebbe speranza di un futuro sereno…

E’ serena, felice di frequentare una scuola, ma si accorge di essere grande, troppo grande per cominciare ora e questo le toglie fiducia in se stessa. Il clima nuovo che sta respirando nella Murialdo Home, mi auguro, l’aiuterà a riconquistare il senso della vita.

LEBBIE KADIATU

E’ l’ultima arrivata, per ora.

Ce l’ha portata Goal Ireland, una NGO che si sta interessando al suo triste caso.

Perde il padre a due anni di età, la madre si risposa e al nuovo uomo la piccola bimba non interessa e così saranno i nonni a prendersi cura di lei. Nel 1994 devono scappare dal loro villaggio a causa dei ribelli e, dopo varie peripezie, trovano rifugio a Freetown nel campo profughi di Clay Factory dove rimangono fino alla fine della guerra. I nonni, tornando al villaggio, non portano con sè Kadiatu, ma per permetterle una buona educazione scolastica, la affidano ad una famiglia amica… è proprio qui che la bambina subì gravi violenze fisiche.

Frequenta la sesta elementare nella Saint Michel School, è piuttosto bravina, si è inserita in fretta con le altre amiche e speriamo che questo clima di famiglia l’aiuti a superare il trauma subito.

SABOLEH IBRAHIM

La storia che sono riuscito a raccogliere è che i nomi dei genitori di Brima sono sconosciuti. Si sa che la madre poche settimane dopo il parto ha affidato il bambino ad una vecchia donna di nome Adama Saboleh, dicendole che sarebbe tornata presto da un viaggio in Liberia con i soldati dell’Ecomog. Sua intenzione era quella di andare a comprare beni da rivendere in Sierra Leone. In effetti essa ritornò dopo due anni, ma per ripartire quasi subito. La vecchia donna, Adama, muore e il bambino viene affidato alle cure del vecchio marito della signora Adama che muore durante l’intervento dei soldati dell’Ecomog nel 1998.

Il 6 gennaio 1999 i ribelli invadono la città di Freetown e bruciano la casa di Adama dove Brima abitava. Il Signor Ernest Smith, un pescatore vicino di casa, salva il bambino e lo porta a casa sua. E’ un uomo povero e non ha i soldi per mandare a scuola il bambino, lui stesso infatti non è mai andato a scuola. In verità lui vive in Tombo, un villaggio di pescatori, dove svolge il suo mestiere. Così Brima vive insieme ad altre persone nella famiglia di Smith ma nessuno bada a lui e così spesso è nelle strade cercando di rendersi utile in lavori domestici per ricevere in cambio un po’ di cibo. Vive di carità. E’ il parroco della parrocchia Holy Cross che mi porta questo bambino abbandonato.

KAMARA EMILIA

Ha sette anni, vivacissima,

va a scuola felice,

ma ogni giorno le manca qualcosa…

E’ l’ultima figlia di Emma.

EMMA KAMARA

E’ la zia di Thomas Vamboi e mi colpisce per la sua bontà, serenità e buon senso. Ha provato le tristi sofferenze e privazioni della guerra. Ha già lavorato con i bambini a Makeni nell’istituto delle suore e ha accettato di buon cuore di prendersi cura della Murialdo Home e di tutti i bambini. Dopo soltanto pochi giorni ho sentito che i più avevano cominciato a chiamarla ‘mamma’, segno che aveva saputo instaurare un buon clima di famiglia.

Gestione lingua